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Addio ai bonus baby sitter e asilo nido: fino a 600 euro mensili in meno per le famiglie

La legge di Bilancio 2019 ha cancellato due contributi per la famiglia, sfruttabili dai neo-genitori in alternativa al congedo paternale: il bonus baby sitter e asilo nido. Si trattava di benefici mensili, fino a un massimo di 600 euro al mese per sei mesi, di cui potevano usufruire i neo-genitori e che permettevano di pagare la baby sitter o la retta dell’asilo, rinunciando al congedo parentale.
A cura di Stefano Rizzuti
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L’ultima legge di Bilancio ha abolito i bonus baby sitter e asilo nido: 600 euro mensili per un massimo di sei mesi per pagare la baby sitter o l’asilo nido di cui le famiglie non potranno più usufruire. Questo bonus vale per chi decide di rinunciare al congedo parentale ed è diverso dal classico bonus nido che rimane invece in vigore per il 2019 ed è valido per i neo-genitori indipendentemente dal congedo. Come ricorda l’Inps sul suo sito, “il contributo baby sitting o asilo nido non è stato prorogato per il 2019”. Per questo motivo, a partire dal primo gennaio “non è più possibile presentare domanda per accedere a tale contributo”. Con questo bonus le neo-mamme potevano rinunciare al congedo parentale in cambio di un bonus fino a 600 euro al mese – per un massimo di sei mesi – per pagare la baby sitter o l’asilo nido per i loro figli. L’istituto di previdenza ricorda l’abrogazione della misura con un messaggio nel quale ricorda anche che chi ha già chiesto, entro l’anno scorso, il bonus può sfruttarlo fino al 31 dicembre 2019.

La legge di Bilancio 2019 non ha previsto il rinnovo del contributo per i servizi all’infanzia introdotto nel triennio 2013-2015 e prorogato per il biennio 2017-2018. Da gennaio, quindi, le madri lavoratrici non possono più presentare richiesta per accedere al bonus. Chi ha già fatto richiesta potrà usufruire del beneficio entro la fine dell’anno e con la possibilità di dichiararle entro il 29 febbraio 2020 nell’apposita sezione del Libretto famiglia. Le prestazioni di baby sitting non potranno svolgersi oltre il 31 dicembre 2019. Nel caso in cui rimanessero dei mesi di bonus non sfruttato, verrà considerata una effettiva rinuncia e verrà quindi corrisposto normalmente il congedo parentale.

Nel messaggio dell’Inps si riporta anche un esempio, spiegando che il beneficio va sempre conteggiato per mesi interi: “Nel caso di lavoratrice che abbia ottenuto un contributo baby-sitting di tre mesi (importo 1.800 euro) e abbia utilizzato il contributo, al 31 dicembre 2019, per un importo pari a 610 euro, si considera oggetto di rinuncia un solo mese, mentre gli altri due si considerano entrambi fruiti in ragione del superamento dell'importo di 600 euro, che determina l'impossibilità di frazionare il secondo mese di fruizione”. Per quanto riguarda il bonus asili nido, sarà possibile sfruttarlo fino al 31 luglio 2019. Allo stesso modo, per i mesi di beneficio non usufruiti verrà corrisposto normalmente il congedo parentale.

Come funzionava il bonus baby sitter e asilo nido

La legge 28 giugno 2012 n. 92 ha introdotto in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo maternità ed entro gli 11 mesi successivi, un voucher per l’acquisto di servizi di baby sitting o un contributo per gli asili nido. Per un massimo di sei mesi e in alternativa al congedo parentale. Poi il beneficio è stato prorogato anche per il 2016 ed esteso alle lavoratrici autonome. Con la legge di Bilancio del 2017, poi, il bonus è stato prorogato per il biennio 2017-2018, sia per le lavoratrici dipendenti, sia per le lavoratrici autonome.

Il contributo era valido per un massimo di sei mesi, divisibile solo per frazioni mensili intere. Si poteva accedere solo rinunciando al congedo parentale. Per le lavoratrici autonome e per le imprenditrici il contributo veniva erogato per un massimo di tre mesi. Per determinare i mesi di congedo già sfruttati, era necessario tenere conto dei periodi di congedo fruiti anche dal padre. Il contributo massimo era di 600 euro mensili, mentre per le lavoratrici part-time il contributo veniva ricalcolato in proporzione alla prestazione lavorativa.

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