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Processo a Falcioni, Amnesty International: “Ora la Cassazione difenda la libertà di informazione”

Il prossimo 28 gennaio si attende la sentenza della Corte di Cassazione sul caso del nostro giornalista Davide Falcioni. Il cronista è stato condannato per concorso in violazione di domicilio, per aver raccontato da vicino una manifestazione dei No Tav. L’appoggio di Amnesty International Italia: “Ha esercitato il suo diritto alla libertà d’informazione. Ci auguriamo che la Cassazione lo riconosca”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La Corte di Cassazione esaminerà il prossimo 28 gennaio il ricorso presentato dal nostro collega Davide Falcioni, che era stato condannato a quattro mesi di reclusione dal Tribunale di Torino. Il giornalista si è ritrovato con una condanna in primo grado per concorso in violazione di domicilio, condanna poi confermata in Appello il 7 febbraio 2019, perché il 24 agosto del 2012, aveva partecipato a una manifestazione dei No Tav, per poterla documentare con un reportage.

In quel periodo Falcioni collaborava con AgoraVox, ed era stato inviato sul posto per raccontare l'iniziativa di un gruppo di attivisti No Tav, che si erano introdotti negli uffici di uno studio di progettazione, Geovalsusa, che stava seguendo la realizzazione di alcune opere della Torino-Lione. Secondo il giudice, che aveva accolto la tesi dell'accusa, Davide Falcioni non avrebbe dovuto trovarsi all'interno dell'edificio, ma avrebbe dovuto aspettare all'esterno, e ricostruire i fatti basandosi unicamente sul racconto della polizia. Avrebbe dovuto insomma fidarsi di quello che gli riportavano le sue fonti, e non cercare di descrivere la realtà, da testimone diretto.

Il giornalista di Fanpage.it, all'inizio del processo, era stato chiamato a testimoniare in difesa dei 19 imputati, che vennero indagati per quei fatti. Falcioni raccontò in aula quanto aveva visto, e successivamente scritto, e cioè che durante la contestazione i manifestanti non avevano in realtà danneggiato gli uffici. Poi, durante l'esame, dopo aver rilasciato le sue dichiarazioni, al reporter fu comunicata un'indagine a suo carico per lo stesso reato di cui erano accusati gli altri imputati. Falcioni venne ascoltato in aula, quindi la pm Manuela Pedrotta stralciò la sua posizione, considerandolo correo del reato. A quel punto, dopo la notifica della chiusura delle indagini preliminari, nell'ottobre 2015, Davide Falcioni fu rinviato a giudizio dal Gup del Tribunale di Torino Paola Boemio.

Dopo la sentenza di condanna in Appello – arrivata nonostante la richiesta di assoluzione da parte del Procuratore Generale – il legale di Falcioni aveva parlato di "attacco alla libertà dell'informazione", ricordando una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, sulla vicenda di un giornalista ucraino che aveva preso parte a una manifestazione vietata a San Pietroburgo: secondo la Corte il giornalista aveva diritto di partecipare alla protesta, per poter scrivere una versione dei fatti quanto più possibile aderente alla realtà.

Ora, a due anni dalla condanna in primo grado, e un anno dopo la conferma in Appello, Amnesty International Italia ha rinnovato il suo appoggio al nostro giornalista: "Falcioni ha ritenuto di dover documentare un fatto di cronaca per lui significativo. Così facendo, ha esercitato il suo diritto alla libertà d’informazione. Ci auguriamo che la Cassazione lo riconosca. Non facendolo, si creerebbe un pericoloso precedente" ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

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