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L’ombra della camorra nella demolizione di Ponte Morandi: arrestati i vertici di un’impresa

Gli amministratori della “Tecnodem srl” di Napoli sono stati arrestati a seguito di un’inchiesta della DDA di Genova. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip nei confronti dell’amministratore di fatto e di una donna, considerata un prestanome. Dalle indagini è emerso che l’amministratore era vicino a clan camorristici.
A cura di Davide Falcioni
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L'ombra della camorra sui lavori per la ricostruzione del Ponte Morandi di Genova. Stamattina gli uomini della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) hanno tratto in arresto gli amministratori della “Tecnodem srl” di Napoli a seguito di un'inchiesta della DDA di Genova. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal Gip nei confronti dell’amministratore di fatto e di una donna, considerata un prestanome. Dalle indagini è emerso che l’amministratore era vicino a clan camorristici. La società era già stata esclusa dai lavori il mese scorso dopo aver acquisito un subappalto per centomila euro nell’ambito delle opere di demolizione del ponte, operazione in corso in queste settimane. Gli approfondimenti investigativi degli uomini della Direzione investigativa antimafia, sulla base dei primi accertamenti di carattere amministrativo, avevano permesso agli inquirenti di emettere già maggio scorso un’interdittiva a carico della società, che era così stata estromessa dai lavori.  Oltre agli arresti, d’intesa con la Dda di Napoli, sono in corso una serie di perquisizioni e sequestri preventivi tra Genova e Napoli.

Ai vertici della Tecnodem c'è Consiglia Marigliano, amministratrice e socio unico, secondo gli inquirenti del tutto sprovvista di titoli o esperienze professionali nel settore delle demolizioni, ma soprattutto consuocera di Ferdinando Varlese, pregiudicato di 65 anni napoletano che vive a Rapallo e risulta dipendente della società. L'uomo è stato condannato per associazione a delinquere nel 1986 dalla corte d'appello di Napoli. Tra i coimputati c’erano affiliati al clan "Misso-Mazzarella-Sarno", già appartenente all'organizzazione camorristica denominata "nuova famiglia". I boss erano Michele Zaza e suo nipote Ciro Mazzarella. Come se non bastasse Ferdinando Varlese nel 2006 è stato condannato dalla Corte D'Appello di Napoli anche per estorsione tentata in concorso, con l'aggravante di aver commesso il fatto con modalità mafiose. Secondo la Dia l'uomo avrebbe intrattenuto rapporti con il sodalizio camorristico "D'amico", cui risulta legato da rapporti di parentela.

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