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Opinioni

Google contro le fake news russe: Russia Today e Sputnik fuori da Google News

Ad annunciarlo è stato Eric Schmidt in persona, che ha anticipato la repentina deindicizzazione delle notizie pubblicate da tutti i media vicini al Cremlino.
A cura di Dario Caliendo
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Dopo Twitter, arriva il turno di Google. Il colosso di Mountain View ha dichiarato formalmente guerra alle notizie false diffuse dai media vicini (e sovvenzionati) dal Cremlino. A dichiararlo è stato Eric Schmidt, ex Ceo e ora presidente del consiglio di Google, che ha anticipato che Russia Today e Sputnik verranno deindicizzati da Google News per contrastare la propaganda che stanno facendo utilizzando messaggi "ripetitivi, falsi o strumentalizzabili", modificando l'algoritmo alla base di Google News ma evitando al contempo qualsiasi forma di censura: l'ex CEO ha assicurato che l'accesso ai siti non verrà assolutamente impedito.

È chiaro che la decisione di Google sia più che altro una mossa frutto anche della conseguenza del coinvolgimento dell'azienda nel Russiagate. Va ricordato che proprio recentemente il colosso della tecnologia è stato chiamato a rispondere al Congresso degli Stati Uniti d'America proprio riguardo ad un indagine sul Russiagate e, pur essendo meno coinvolto di Facebook e Twitter (piattaforme nelle quali gli investimenti in pubblicità da parte del giornale e dell'emittente televisiva russa sono stati molto più importanti) gli inquirenti si sono focalizzati su i video caricati dall'emittente Russia Today su YouTube.

Ma non finisce qui. Poche settimane fa, a seguito di questo scandalo, Twitter ha annunciato la rimozione delle pubblicità di Russia Today e Sputnik proprio per le interferenze riscontrate durante la campagna elettorale presidenziale, dando il via a un puzzle piuttosto complesso, difficilmente risolvibile in brevi termini e che sarà caratterizzato da una serie di contro sensi che potrebbero andare avanti all'infinito.

Seguendo questa linea e senza un arbitro imparziale al controllo di questa complessa partita,  il rischio potrebbe essere l'inverso e ci si potrebbe trovare in una realtà in cui sarebbero proprio i social network ad influenzare direttamente l'opinione pubblica e le campagne elettorali. Come? Bannando chi – secondo loro – potrebbe influenzare l'opinione pubblica e le campagne elettorali.

Insomma, è un cane che si morde la coda.

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